Vittoria Camodeca

Ingegneria Elettrica

La persona che sono oggi deve molto ai miei due anni di vita cinese.

Vittoria ha conseguito nel 2014 la doppia laurea in ingegneria elettrica del Politecnico con la Xi’an Jiaotong University.

La Cina? No, troppo lontano, non fa per me! – Era stata questa la mia prima reazione durante la presentazione del programma di Doppia Laurea in Ingegneria Elettrica tra il Poli e la Xi’An Jiaotong University.

Eppure un anno dopo quell’incontro salutavo i miei genitori a Malpensa per raggiungere Xi’An, dove avrei trascorso un periodo di due anni, fino alla laurea. Già immaginavo che quella sarebbe stata una delle esperienze più forti della mia vita e non mi sbagliavo. L’impatto con lingua, usanze e cultura quasi indecifrabili mi fecero temere di non riuscire ad arrivare fino in fondo alla missione. Ma nel giro di due mesi, un po’ la caparbietà, un po’ la curiosità trasformarono completamente la mia percezione di quel Paese consentendomi di vivere appieno un percorso formativo coinvolgente sia dal punto di vista didattico che umano.

La formazione universitaria e professionale cinesi si differenziano molto da quelle italiane e sono queste differenze la vera occasione da cogliere. Gli studenti hanno l’opportunità di mettere in pratica tutto ciò che imparano grazie alla straordinaria strumentazione di cui possono disporre. Il mio dipartimento di Elettronica di Potenza ad esempio aveva laboratori dove ciascuno studente poteva effettuare i test e raccogliere i dati per i propri studi. Da studentessa “teorica” non nascondo di avere dubitato delle mie capacità. Ma ho superato i miei timori grazie all’appoggio dei colleghi, che mi hanno stimolato ad ampliare le mie conoscenze e acquisire sicurezza.

Al punto che arrivato il momento di scegliere dove trascorrere il periodo di internship non ho avuto dubbi e ho scelto di “sbirciare” anche l’ambiente lavorativo cinese. Ho trascorso così circa 4 mesi in un’azienda produttrice di trasformatori di potenza e altre apparecchiature elettriche per sviluppi di progetti di trasmissione.  È stato interessante vedere come i cinesi si approcciano al lavoro e come in azienda ci sia a tutti i livelli la costante ricerca di nuovi obiettivi e di nuove soluzioni, nonostante le rigidità tipiche cinesi. Con “rigidità” non mi riferisco al sistema burocratico, che al contrario di qui è molto più snello, quanto all’importanza data alla qualità del lavoro. Ho cercato di apprendere quanto più possibile ed è stato lì che ho sviluppato i modelli oggetto della mia tesi. Ancora oggi quando nel lavoro incontro delle difficoltà, ricordo sempre l’approccio cinese ai problemi e quella “fame” di ottenere i risultati.

La persona che sono oggi deve molto ai miei due anni “cinesi”. Tutto lì per me era una sfida: attraversare la strada sulle strisce pedonali senza farsi investire, salire da sola sugli autobus e orientarmi in una città in cui quasi nessuno parlava in inglese, abitare al tredicesimo piano di un palazzo di trentatré piani.

Ad impressionarmi inizialmente sono state due cose: le distanze immense del Paese e il suo numero di abitanti. Mi sembravano degli ostacoli, delle vere e proprie barriere.

Appena ho messo piede nella città di Xi’an mi sono sentita piccola rispetto ai suoi 10.000 Km² di estensione. Eppure in quella città io ho trovato il mio equilibrio: la facilità di accesso ai mezzi pubblici mi ha permesso di sentirmi a mio agio come lo ero a Milano. Attraversare il paese con i suoi treni ad altissima velocità non era affatto un problema, anzi, dava sfogo alla mia fame di conoscenza, alla voglia di superare barriere mentali e pregiudizi.

Se inizialmente da brava occidentale ero infastidita dall’essere circondata sempre da così tante persone (anche durante le lezioni di yoga!), col passare del tempo ho imparato a non farci più caso. I cinesi si abituano fin da piccoli a vivere in un Paese con un miliardo di persone. Chi ero io per non tollerarlo? Si trattava solo di farci l’abitudine.

Non nascondo che al termine della mia esperienza ero ben felice di ritornare in Italia. Dopo due anni lontana avevo voglia di un po’ di “normalità” e di guardare con occhi diversi il mio Paese e la mia gente.

“Non per nulla il viaggio è anzitutto un ritorno e insegna ad abitare più liberamente, più poeticamente la propria casa”: così è stato per me.

citazione da: “L’infinito viaggiare”, Claudio Magris